Roma, 10/5/2016
Quel reparto d’eccellenza accerchiato dai disperati.
Medicina nucleare è rimasto attivo.
Vive. Tra montacarichi luridi bloccati, sterpaglie, rifugi di clochard, padiglioni sconquassati. Continua il suo lavoro nell’ex ospedale chiuso di cui su queste pagine, da anni, abbiamo denunciato di tutto. Al Forlanini c’è ancora un reparto: Medicina Nucleare. L’unico rimasto in piedi perché impossibile da trasferire al vicino San Camillo – dove si sono individuati i locali adatti – per un solo motivo: la mancanza di fondi necessari per i lavori di ristrutturazione. Sta lì, al piano terra del settore H. Per accedervi dall’ingresso principale dell’ex nosocomio oltrepassiamo il corridoio horror a pezzi con le mattonelle della pavimentazione saltate, le stanze piene di materiali alla deriva e scendiamo giù oltre la rampa di scale. Il rumore dei nostri passi irrompe nel silenzio. Due le porte d’ingresso: una per il pubblico sotto l’arco all’esterno nella desolazione, l’altra per gli operatori sanitari. Si prenotano visite: ieri all’accettazione c’era la fila. Non ci sono degenti, ma l’attività prosegue. All’interno dell’ospedale fantasma.
Tempo fa anticipammo il possibile spostamento del reparto all’Ifo, poi si andò sul San Camillo. Sono stati presentati progetto e relazione in Regione, ma su quando avverrà il trasferimento nessuna certezza. D’altronde, il direttore generale dell’azienda ospedaliera Antonio D’Urso l’anno scorso rimarcò a Il Tempo : «La tempistica non sarà breve». Nella struttura rimangono pure il magazzino della farmacia, il Museo anatomico e, sull’altro versante, il corso di fisioterapia infermieristica. Il parcheggio è pieno di auto: «Parcheggia il personale del San Camillo, il pomeriggio anche le mamme che vanno a prendere i figli a scuola qui vicino», dice una signora che incontriamo, avvertendoci: «Stia attenta ai barboni»; «Abbiamo trovato sangue per terra nei padiglioni, la notte è una lotta», hanno raccontato gli operatori sanitari ai microfoni di Striscia. Ieri pomeriggio, in un incontro promosso dal Coordinamento Proprietà Pubblica-Bene Comune che riunisce tutte le associazioni a tutela del Forlanini, a cui hanno preso parte medici, urbanisti, economisti, cittadini, è stato messo nero su bianco un progetto per conservare la proprietà pubblica della struttura puntando sulla caratterizzazione socio-sanitaria, «tema rispetto al quale non c’è molta partecipazione istituzionale».
Una proposta partorita della società civile che farebbe risparmiare tanto alla Asl Roma 3. Come? Incamerando i 5 presidi della Asl per cui si spendono in affitto 3 milioni di euro l’anno, gli uffici amministrativi dell’Ares 118 che costano un milione di euro, le residenze sanitarie assistenziali (320 i posti letto possibili da ricavare), Case della Salute. E poi realizzando un centro culturale, spazi sociali di quartiere, un parco pubblico e una scuola di giardinaggio sfruttando il verde. Non solo. Il presidente dell’associazione Forlanini Domani Onlus, Lucio Mango ha suggerito «la creazione di una struttura culturale multietnica interreligiosa per il colloquio tra i popoli e, all’interno, di un Ostello della Gioventù».